IMPRESA FEMMINILE A GENOVA TRA OSTACOLI E DIFFICOLTÀ

CNA VICINA ALLE DONNE PER UN FUTURO PIÙ EQUO: “LA VERA SFIDA È CULTURALE”

Trasformare una passione in impresa, un sogno nel cassetto in un progetto concreto e vincente. Un sfida possibile che può tuttavia rivelarsi un percorso ad ostacoli, se ad affrontarlo è una giovane imprenditrice. Perchè, ancora oggi, molte donne hanno capacità e idee che faticano ad esprimere.

I motivi sono molteplici, dalla difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e familiare a un mondo del lavoro ancora troppo incentrato sulla figura maschile. Il problema è anche culturale, in una società dove si fatica a comprendere cosa significhi davvero essere una giovane imprenditrice. Quali sono gli ostacoli reali per una donna? Cosa possiamo fare come società per cambiare la situazione?

Ce lo racconta Barbara Banchero, Segretario di CNA Genova, che da sempre si impegna per sostenere giovani imprenditrici e favorire la presenza femminile nel tessuto imprenditoriale locale. 

Qual è ad oggi lo stato dell’imprenditoria femminile nel settore artigiano a Genova e in Liguria? Ci sono dati rilevanti o tendenze significative?

“Abbiamo dati recenti, presentati da Unioncamere, che delineano il quadro. In Liguria ci sono circa 35mila imprese femminili, di cui 14.500 nella provincia di Genova, rappresentando in totale il 21% del tessuto imprenditoriale. Tuttavia i dati non mostrano una crescita, ad eccezione della provincia di Imperia. A Spezia e Savona le cifre sono in calo, mentre a Genova la situazione rimane stabile. È importante notare che quasi il 50% delle imprese femminili della regione si concentra proprio nella provincia di Genova”.

Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di “impresa al femminile”, ma cosa significa davvero oggi essere una donna imprenditrice nel mondo dell’artigianato? Quali le maggiori difficoltà?


“Come detto, il dato negativo principale è che il numero di imprese femminili non sta crescendo, se non in contesti limitati. Per quanto riguarda le difficoltà, storicamente l’accesso al credito era un problema collegato all’impresa femminile, dovuto a un approccio culturale più cauto da parte delle banche. Oggi questa problematica è più generalizzata e riguarda tutti gli imprenditori, a causa di fattori come il rating. La vera criticità che emerge con forza dalle interviste è la gestione della famiglia. Il carico familiare tende a ricadere ancora in gran parte sulle donne e questo rappresenta un peso significativo per un’imprenditrice, che non dispone delle stesse tutele di una dipendente come ad esempio i permessi della Legge 104 per l’assistenza. Questa è la vera differenza e la difficoltà maggiore”.

Questa difficoltà nel conciliare impresa e famiglia riguarda una fascia d’età specifica?

“È più che altro un fattore culturale. Ad esempio, questa tendenza è più marcata in chi proviene da una cultura dove il ruolo della donna era visto principalmente come accudimento. Sicuramente capita di vedere anche ragazze giovani che, una volta diventate madri, chiedono il part-time e la riduzione dell’orario. Lo chiedono le donne, non i loro compagni. Di conseguenza, questo impatta sulle loro possibilità di carriera. Perché se si dedica meno tempo al lavoro, inevitabilmente si hanno meno opportunità di crescita”.

CNA Genova ha storicamente un ruolo attivo nella promozione del lavoro artigiano e dell’inclusione: quali sono le azioni concrete che l’associazione sta mettendo in campo per sostenere l’imprenditoria anche femminile?


“Siamo molto attivi nella formazione, anche di base, in collaborazione con l’Ispettorato del Lavoro e la ASL per fornire gli strumenti necessari a una gestione corretta dell’impresa. Offriamo consulenza e abbiamo attivato sportelli dedicati come quello sulla gestione del personale, che offre una prima informazione gratuita e consulenze approfondite.  Inoltre abbiamo attivato uno sportello legale e facciamo formazione manageriale e di base (come quella sulla sicurezza), sfruttando anche fondi regionali e di Fondartigianato per offrire percorsi finanziati”.

CNA Genova si dedica anche allo sviluppo e la promozione di eventi dedicati alle giovani donne imprenditrici. Come il concorso FaberWoman, giunto alla sua terza edizione: di cosa si tratta esattamente e quali obiettivi si pone?

“FaberWoman è un concorso nato subito dopo il Covid come segnale positivo per le donne, che avevano risentito molto di quel periodo trovandosi spesso a gestire ed accudire la famiglia durante il lockdown. Faber Woman è rivolto a donne che vogliono avviare un’impresa e rimettersi in gioco, non a imprenditrici già affermate. Tutte le donne che vogliono partecipare sono invitate a descrivere la loro idea d’impresa tramite un format sul nostro sito. Tutte le idee vengono analizzate da una giuria di esperti, che individua le tre più sostenibili, non solo economicamente. Per queste tre idee finaliste realizziamo un business plan in collaborazione con un commercialista, per poi valutare quale sia il progetto più realizzabile. L’obiettivo è costruire percorsi di imprenditoria monitorati. Spesso chi avvia un’impresa lo fa senza avere in mano i giusti strumenti e le corrette conoscenze. Come CNA Genova vogliamo aiutare le donne a strutturare un progetto misurabile, con obiettivi chiari, per ridurre il rischio di chiusura nel primo anno di vita”.

Guardando al futuro, quali sono le sfide che la società deve affrontare per rafforzare la presenza e il protagonismo femminile nel tessuto imprenditoriale?

“La vera sfida è quella culturale. È un segnale importante, per esempio, che la nuova amministrazione a Genova abbia una forte componente femminile. Culturalmente si tende ancora a sottovalutare il genere femminile in ambito imprenditoriale. Spesso, sono le donne stesse a sottovalutarsi, pensando erroneamente che scommettere sul proprio lavoro possa togliere qualcosa alla famiglia. In secondo luogo, c’è il tema del welfare. È evidente che se una donna non ha supporti esterni (asili nido, strutture di facile accesso) farà più fatica a dedicarsi a un’impresa che occupa fino a 12 ore al giorno. Il nostro obiettivo futuro, però, deve essere quello di non aver più bisogno di creare iniziative specifiche per le donne, ma di arrivare a una situazione in cui l’impresa è semplicemente un’impresa e l’accesso ai bandi o alle opportunità sia uguale per tutti, senza distinzioni di genere”.

Se dovesse rivolgersi direttamente a una giovane donna con un’idea in testa e il sogno di trasformarla in impresa, quale consiglio darebbe oggi?


Innanzitutto le consiglierei di crederci. E poi di progettare. Bisogna mettersi a tavolino, farsi supportare, cercare dei partner e fare in modo che l’idea di impresa diventi un vero progetto vincente. Infine, le direi di fidarsi di ciò che la società può offrire in termini di supporto per l’accudimento, in modo da essere pronta a fare anche percorsi di carriera importanti”.